Sanità e salute 4.0
Roche
Meteo:
14 C
cielo sereno
Roma
humidity: 48%
wind: 3 m/s W
H14 • L11
Sat
10 C
Sun
17 C
Mon
15 C
Tue
16 C
Wed
15 C
HomeN1/017Il Lean Management: la Storia, l’evoluzione ed i risultati nella Sanità.

Il Lean Management: la Storia, l’evoluzione ed i risultati nella Sanità.

di Claudio Risso
Direttore Federsanità Anci Piemonte

Introduzione

La domanda relativa ai servizi sanitari è in continuo aumento. I principali fattori che scaturiscono tale crescita sono, come ben noto, l’innalzarsi dell’aspettativa di vita, il miglioramento tecnologico, con il conseguente desiderio di accedere alle migliori cure nel minor tempo possibile. Al fine di soddisfare tale domanda economisti, politici, medici e dirigenti sono costretti ad affrontare sfide sempre più impervie al fine di garantire un accesso adeguato, efficiente ed equo ai servizi sanitari per tutta la popolazione. Essendo un mercato che non risponde alle classiche regole economiche, il settore sanitario si confronta con particolari complicazioni quali: – l’asimmetria informativa, il clinico infatti possiede conoscenze che il paziente generalmente non ha. Quest’ultimo si trova dunque in una posizione di inferiorità informativa che lo porta a doversi affidare totalmente alle competenze del medico non potendo compiere quella che in economia viene definita una scelta razionale basata su una valutazione che prevede la conoscenza di tutti i fattori influenzanti. La crescente richiesta di miglioramento a partità di finanziamenti costituisce la più grande sfida del SSN. L’esempio più ricorrente è l’incapacità del paziente di scegliere razionalmente una terapia rispetto ad un’altra; – l’incertezza cui massima espressione si trova nell’esito delle cure soprattutto in determinate aree terapeutiche in cui la scienza non è ancora giunta a fornire un quadro completo della patologia; – le esternalità che sono quell’insieme di fattori esterni o interni che non sono controllabili né dal clinico né dal paziente ma che su di essi causano delle conseguenze (il più classico esempio è il fumo passivo); – infine la presenza di entità terze che fungono da ente regolatorio e “pagante” che quindi influenzano e distorcono quelle che sarebbero le normali relazioni tra acquirente e fornitore di un servizio. Tutti questi elementi congiunti formano nella letteratura economica i presupposti per quello che viene definito il “fallimento del mercato” che comporta un mal funzionamento dello stesso. Per tale ragione da anni ormai gli economisti e i politici cercano di attuare nuove normative per evitare i suddetti fallimenti del mercato e per creare incentivi per massimizzare l’efficienza, ridurre i tempi di attesa e offrire ai pazienti la miglior cura possibile (Smith & Yip, 2016).Questi sono tuttavia fattori che difficilmente si possono influenzare in un arco temporale breve e, visto il contesto socioeconomico, un intervento più diretto e specifico potrebbe portare a risultati tangibili nel breve tempo. Il tutto va infatti inserito in un contesto che negli ultimi anni è stato caratterizzato da una forte crisi economica internazionale che ha portato a una riduzione degli investimenti pubblici in materia di sanità. Insieme ai fallimenti del mercato caratteristici dell’economia, si possono osservare malfunzionamenti di carattere operativo (su cui è più facile agire e fare leva per aumentare l’efficienza del sistema) quali, ad esempio, i ritardi, le informazioni duplicate, la rielaborazione, il burnout del personale, il movimento inutile dei pazienti e del personale. Questi sono solo alcuni degli elementi che si possono osservare più frequentemente e che congiunti hanno provocato l’impedimento di un efficace compimento delle mansioni. Ciò ha dunque portato le organizzazioni sanitarie nazionali e locali ad ampliare la loro ricerca, cercando metodi di successo in altre industrie per migliorare la qualità, la sicurezza e il valore della fornitura dell’assistenza sanitaria (Tucker et al., 2014).

Lean Management: le origini e la teoria.

Uno dei maggiori sistemi economici volto all’incremento dell’efficienza della produzione, che viene ad oggi implementato o a cui ci si ispira più frequentemente a livello internazionale, è il Lean Management. Tale metodo ha origini ben radicate in un mercato che apparentemente condivide ben poco con il settore sanitario: l’industria automobilistica. Il focus principale è sul contributo umano e sulla riorganizzazione. In particolare nasce tra le fila della produzione della famosa azienda automobilista Toyota. L’implementazione di questa filosofia manageriale all’interno della stessa viene riconosciuta tutt’oggi come il fattore che, più di qualsiasi altro, è responsabile per aver fatto di Toyota ciò che conosciamo oggi: un’azienda leader nella produzione e realizzazione nel campo automobilistico. Toyota alla fine degli anni quaranta, era una piccola impresa automobilistica giapponese, con macchinari datati e quote di mercato irrisorie se comparate a quelle statunitensi che in quegli anni si stavano espandendo grazie al modello fordista della produzione di massa. In tali condizioni era tecnicamente impossibile applicare il modello che, dall’altro lato del mondo, si stava mostrando come vincente, al netto di grandi investimenti economici. Ed è qui che si possono iniziare a notare le analogie con il mondo sanitario in cui ci troviamo immersi oggi: la necessità di migliorare per essere competitivi, senza avere però la possibilità economica di fare grandi investimenti. Ed è qui che maggiormente possiamo intuire perché il modello Lean sta avendo successo in diversi contesti apparentemente differenti tra loro. Il Lean Management non si basa tanto sull’introduzione di nuove tecnologie nel sistema produttivo, ma sulla riorganizzazione industriale che si focalizza principalmente sul rivalutare il contributo umano in termini di intelligenza e responsabilità. Da questo cambio di prospettiva rispetto al lavoro stesso emerge un nuovo quadro di innovazione manageriale che mette in luce un nuovo modo di produrre ed un nuovo schema organizzativo complessivo. Negli anni della nascita del Lean il direttore della Toyota, Taiichi Ōno, decise di adottare non più una produzione rigidamente programmata, ma flessibile, in grado di adeguarsi velocemente alle esigenze del momento. Grazie al cambiamento relativo al modo di vedere la produzione cambia anche il ruolo dei principali attori della stessa: gli operai. La loro figura viene cosi rivalutata e vengono considerati non più dei esecutori di ordini, ma attivi all’interno dell’impresa, potendo anche intervenire sulla produzione stessa e modificarne l’andamento. Affinché questo sia possibile, ovviamente, viene richiesta una capacità professionale ed un impegno nei confronti dell’azienda al di sopra della media. Viene anche richiesta una maggior propensione al lavoro di squadra e alla collaborazione. Una volta che questi requisiti vengono raggiunti è facile intuirecome il grado di fiducia nei confronti degli stessi aumenti esponenzialmente per arrivare al massimo grado di espressione che si traduce con l’opportunità che viene concessa ad ognuno di loro di poter interrompere la produzione ogni qual volta si presenti un’anomalia nel sistema per correggerla o per mostrare come questa possa essere migliorata. Sono dunque facilmente individuabili i punti di forza del toyotismo: il rapporto di fiducia tra impresa e dipendenti, qualunque posizione occupino all’interno della stessa. La continua ricerca del massimo livello di qualità raggiungibile si traduce in prodotti completamente privi di difetti, per arrivarvi però è necessario livello di controllo che è preponderante in tutte le fasi produttive. Eliminare sovraccarichi, inconsistenze e sprechi: gli obiettivi del Lean Management. Infine, la caratteristica che guida il continuo evolversi della produzione è la continua ricerca dell’innovazione in tutti i passaggi nella filiera produttiva. Solo così è possibile continuare a soddisfare immediatamente le esigenze del mercato. Inoltre, dal punto di vista pragmatico, utilizzando questa nuova filosofia è anche possibile ridurre le scorte e creare un allestimento minimo dell’officina, in modo da evitare sprechi e accumuli di beni nei magazzini delle imprese. Importante è anche la sincronizzazione delle attività tra linea di produzione e fornitori, sub-fornitori di pezzi, i quali sono scelti, non in base ai prezzi delle commissioni, ma al grado di affidabilità e capacità collaborativa. La produzione snella (lean production) è dunque un insieme di principi, metodi e tecniche per la gestione dei processi operativi, che mira ad aumentare il valore percepito dal cliente finale e a ridurre sistematicamente gli sprechi. Gli obiettivi del Lean Management, riassumendo, sono quelli di eliminare sovraccarichi, inconsistenze e gli sprechi. L’obiettivo centrale è di progettare un processo produttivo capace di raggiungere i risultati in modo semplice. È inoltre importante assicurarsi che il processo sia il più possibile flessibile senza stress dal momento che quest’ultimo genera muda cioè spreco. Il miglioramento che ne consegue, riducendo il muda, ha un grande impatto anche in termini economici. Esistono sette tipi di muda che sono (Taiichi Ōno,1995):

1. sovra-lavorazione, compiere più lavorazioni di quelle richieste dal cliente
2. sovra-produzione, produrre più unità di quelle richieste dal cliente
3. ri-lavorazione, compiere più volte un processo o parte di esso per
eliminare errori a monte
4. giacenza, in generale lo stock può essere definito come spreco
5. intelletto, non utilizzare/esprimere idee migliorative/capacità degli operatori
6. trasporto, spostamento di materiale inutile
7. movimento, spostamento/movimento inutile compiuto dall’operatore in attesa;

I principi chiave che sottendono l’organizzazione Toyota sono infine riassumibili nei seguenti punti:
1. Miglioramento continuo
2. Rispetto per le persone (per il lavoro degli altri e per quello di squadra)
3. Filosofia a lungo termine
4. Il giusto processo produrrà i giusti risultati
5. Aggiungere valore alla società migliorando persone e partner
6. Risolvere i problemi alla radice migliora l’apprendimento organizzativo

Il Lean in Sanità

All’inizio, il pensiero Lean era incentrato solo sull’aspetto operativo tipico del settore industriale.
Nel corso degli anni, a seguito della solidità delle sue fondamenta e dei risultati tangibili, si è esteso prima in maniera orizzontale nel settore automobilistico, e via via ha conquistato altri settori, tra cui appunto quello sanitario.

Il punto di incontro dei diversi settori: rispetto per il sistema umano.

Ciò che rende questa filosofia applicabile in maniera trasversale è l’attenzione agli aspetti sociotecnici e utilizzando “rispetto per il sistema umano”. L’applicazione e l’attuazione di Lean Management nell’assistenza sanitaria è possibile solo se vengono presi in considerazione appunto le dimensioni sociali, comportamentali e interrelative. Benchè ci siano evidenti differenze tra la sanità e l’industria automobilistica, vedremo come il livello di efficienza sia tangibilmente migliorato in maniera pressoché equivalente. Come già sottolineato la sanità si differenzia per molti aspetti dalla produzione di beni: – Prendersi cura di un paziente non è neanche lontanamente paragonabile alla prodizione di un bene; – La domanda riferita al settore sanitario è imprevedibile; – Il lavoro dei medici non è standardizzato; – E soprattutto ogni paziente è unico. Tuttavia, se superiamo questi aspetti, possiamo trovare alcune somiglianze. La prima risiede nel ruolo che hanno gli operatori dei due mercati, sia gli operai che il personale sanitario lavorano per svolgere il loro compito e fornire valore al cliente, nel secondo caso il paziente. La presa in gestione di un paziente in realtà non è altro che un processo e come tale può, per definizione, essere segmentato, analizzato e dunque migliorato. L’identificazione del valore per il paziente, l’eliminazione dei rifiuti e la minimizzazione dei tempi di trattamento devono essere l’obiettivo del modello di assistenza sanitaria Lean. Il viaggio del paziente in ospedale, per esempio, dovrebbe essere un buon strumento di analisi. Le fasi del viaggio in cui vi è un’aggiunta del valore per il paziente dovrebbero essere: – Diagnostica: raccogliere e analizzare le informazioni cliniche; – Tempo di cura attiva: intervento clinico; – Tempi di attesa passivi: sotto osservazione, nessun intervento; – Tempi di attesa positivi: la condizione del paziente potrebbe migliorare senza interventi. Mentre le fasi in cui non v’è alcuna aggiunta di valore (spreco) può essere individuato nei seguenti segmenti del percorso del paziente: – Tempi superflui: nessuna diagnostica, osservazione o interventi necessari; – Tempo di gestione; -Tempi di attesa passivi: non si prevede alcuna modifica della condizione del paziente; -Tempi di attesa negativi: la condizione del paziente rischia di deteriorarsi. Alla luce di quanto appena descritto è immediato considerare che i percorsi diagnostici rappresentano un effettivo strumento che sposa perfettamente la filosofia lean e che dovrebbe essere considerato come l’equivalente della mappa di valore aggiunto per il paziente. Come abbiamo detto in precedenza, se si migliora il modo in cui i servizi sanitari sono organizzati, l’aspetto operativo e socio-tecnico di tale sistema tenderà automaticamente a migliorare. La sinergia tra questi due aspetti alla base della creazione di capacità cumulative che rendono le organizzazioni in cui è applicato il Lean superiori alle altre in termini di qualità del servizio. Ancora una volta ci si concentra quindi sull’apporto che il capitale umano dà all’organizzazione. Nello specifico se il ruolo dei professionisti è quello di migliorare il processo di cura, il ruolo del manager è quello di creare un ambiente in cui le persone si sentano sicure e libere di impegnarsi al fine di perseguire un continuo miglioramento. L’interazione tra i membri del team è importante perché le squadre stesse decidono se e dove sono necessari miglioramenti; è estremamente utile un ampio coinvolgimento dei operatori sanitari nel processo decisionale con responsabilità condivisa e potenza condivisa. Se rileggiamo quelli che sono, secondo la teoria, gli sprechi che andrebbero evitati secondo la filosofia della Toyota in ottica di sanitaria è palese come, al netto delle peculiarità già elencate, i due mercati trovino forti punti di coesione. L’applicazione adeguata dei principi Lean può avere un impatto positivo sulla produttività, sul costo, sulla qualità e sulla tempestiva consegna dei servizi. Alcuni esempi possono essere per l’efficienza del sistema: il tempo di ammissione, il triage e il tempo di erogazione, il tempo di rotazione, il tempo per vedere un medico, il numero di visita del paziente ecc. I risultati riferiti al paziente dovrebbero essere la soddisfazione del paziente, il tasso di mortalità, il tasso di riammissione ecc. Infine, i risultati professionali dovrebbero essere la soddisfazione del personale, gli straordinari del personale, il tempo trascorso con il paziente ecc. Riepilogando, il pensiero Lean in materia di assistenza sanitaria dovrebbe essere visto come un approccio operativo e integrato (processo), sociotecnico (comportamento di squadra e prospettive tecnologiche) di un sistema di valori, il cui obiettivo principale è quello di massimizzare il valore per il paziente e di eliminare i rifiuti attraverso una creazione di conoscenza cumulativa. La filosofia Lean è stata sperimentata in sanità per la prima volta negli anni ’80 negli Stati Uniti, in particolare a Boston, Pittsburg, Appleton, Wisconsin, Salt Lake City e Seattle, applicata allo studio di fenomeni collegati alle infezioni contratte in ospedale (una delle principali cause di morte negli USA), ottenendo una riduzione del numero di decessi causati da avventi avversi. Da lì, dall’introduzione di un primo circolo virtuoso di dati, misure ed interventi di miglioramento, la logica della standardizzazione e della misurazione continua in sanità si è diffusa tra i Sistemi Sanitari. Il modello è stato sviluppato in Inghilterra (Birminghan, Wirral Hospital, Royal Bolton Hospital) grazie all’iniziativa di Dean Jones (Lean Enterprise Academy), e successivamente in altri Paesi, tra cui l’Italia.

L’esperienza italiana

Per esemplificare quanto fin ora descritto secondo la teoria del lean management a seguito verrà riportata un’esperienza di applicazione del metodo che si è svolta completamente nel contesto ospedaliero italiani. In particolare si farà riferimento all’ottimizzazione delle risorse avvenuta presso i DaY hospital oncoematologici di alcuni centri italiani. Going lean in oncoematologia: esempio di successo del lean management. Quest’analisi viene ben approfondita nel “I quaderni di medicina”, supplemento al numero di dicembre 2016 de “Il Sole-24 ore Sanità”. Per spreco, come spesso ripetuto, si intende qualsiasi attività che assorba risorse e non crei valore, in altri termini inefficienze. Queste possono essere classificate in sette macrocategorie in parallelo con le categorie Toyota, precedentemente illustrate, qui espresse in funzione dei processidel DH di Oncoematologia ma in gran parte applicabile a tutti i reparti: Attese – operatori fermi in attesa di informazioni o attività svolte da altri operatori (es. il medico in attesa dei referti dal laboratorio, l’infermiere in attesa della preparazione delle terapie dalla farmacia); Sovrapproduzione – Richiesta di esami ripetuti o sprechi nella gestione dei farmaci (es. protocolli preparati dalla farmacia e poi non erogati ai pazienti); Trasporti – Invio delle terapie dalla farmacia al reparto, delle provette dal reparto al laboratorio di analisi; Scorte – Postazioni per la somministrazione della terapia, ambulatori per le visite in attesa di essere occupati; Inutili complicazioni – Doppia conferma (cartacea ed elettronica) della terapia alla farmacia; Disservizi ed Errori – Mancata comunicazione anticipata al paziente di non idoneità alla terapia; Movimenti superflui – flussi non ottimizzati a causa dei layout o di vincoli di sistema (anche banali, come la presenza di un’unica agenda cartacea in un luogo distante dagli ambulatori visite, la ricerca di materiali lontano dalla postazione di lavoro). Queste inefficienze incidono notevolmente sui costi del DH e, molto più importante, abbassano significativamente la qualità del servizio offerto ai pazienti. E’ palese come ognuna delle classi appena elencate sia esattamente il corrispettivo di quello che viene descritto nella teoria del Lean Management. E’ dunque facilmente intuibile che ci possa essere una corrispondenza tra le soluzioni adottate negli altri settori e in quello della sanità. Un esempio è l’inefficienza più tangibile nel settore in esame che viene rappresentata dalle continue attese degli attori economici, in questo caso pazienti, clinici ed altri operatori sanitari. Partendo dall’attesa che si crea dal momento della prenotazione della visita, passando attraverso l’attesa che il paziente subisce il giorno della visita aspettando che il clinico sia disponibile, arrivando infine all’attesa degli esiti clinici. Tutte queste sono generate da una inefficienza nel sistema organizzativo, e poiché essi sono interpretabili come flussi, sono facilmente soggetti all’applicazione del Lean Management. Eliminare le inefficienze per incrementare la qualità e generare risparmio. Se si riuscissero ad ottimizzare questi flussi è immediato concludere che si riuscirebbe a seguire un numero maggiore di pazienti, fornendo loro una miglior qualità del servizio a parità di risorse. Ed è qui che risiede lo scopo ultimo del Lean Management applicato nel settore sanitario. Tornando all’esempio descritto nell’articolo “Going lean in oncoematologia” dove viene descritta la gestione dei DH oncoematologici la quale rappresenta una importante sfida organizzativa per il SSN, con diversi fattori che contribuiscono a determinarne l’elevata complessità. Questi sono individuati principalmente in un elevato numero di pazienti, con un profilo clinico complesso, che necessita di monitoraggio frequenti e articolate valutazioni multidisciplinari, fluisce quotidianamente nei reparti, attraversando le diverse fasi del processo di gestione delle terapie. Per questa tipologia di pazienti sono necessarie diverse figure cliniche che però difficilmente riescono ad organizzare una gestione fluida dei flussi. Le tipologie di prestazioni che vengono erogate in questi reparti sono estremamente variabili perciò difficilmente standardizzabili in toto. In particolare qui ritroviamo il principio base del Lean Management che richiede che sia il paziente a guidare la domanda e che la gestione dei flussi produttivi sia flessibile e snella al punto da fornire al paziente una risposta in tempi ragionevolmente rapidi. Alcuni fattori che possono influire sul raggiungimento dell’obiettivo finale risiedono sicuramente nella tecnologia farmaceutica, ad esempio le terapie sottocute od orale che richiedono un minor tempo di preparazione e somministrazione, garantendo al contempo un livello di prestazione uguale dal punto di vista clinico. Il progetto che viene qui portato ad esempio viene intitolato Going lean e, come descritto nell’articolo dall’omonimo titolo ha coinvolto 66 centri in tutta Italia: 29 DH di ematologia, 35 DH di oncologia, 2 sono strutture di oncoematologia. Questi si trovano locati presso tutto il territorio nazionale, 17 al nord, 17 nel centro e 32 nel sud. Nel corso del progetto sono stati coinvolti circa 231 referenti e 4000 pazienti. I primi rappresentati da tutte le figure cliniche presenti nei reparti e nelle direzioni in oggetto, i secondi hanno potuto prendere una parte attiva al progetto esprimendo una loro opinione critica tramite un questionario strutturato che è stato fornito loro. Per analizzare in maniera pragmatica quale fosse lo stato dell’arte di questi reparti sono stati seguiti pù di 1.700 pazienti. Sono stati monitorati i loro spostamenti e le loro attività minuto per minuto all’interno del reparto. Durante questa osservazione sono stati rilevati i tempi riguardanti le diverse fasi del percorso terapeutico e i relativi operatori coinvolti. Di seguito vediamo schematizzato in sei fasi quello che è il percorso tipico del paziente all’interno del day- hospital: Accettazione Prelievo e refertazione Visita Preparazione farmaco Somministrazione Osservazione e dimissioneL’intera programmazione, e dunque l’intero svolgimento del progetto ha tenuto in considerazione i punti di vista dei diversi attori considerando per ciascuno di loro i possibili benefici. Le soluzioni identificate e proposte sono state selezionate tra quelle implementabili nel breve e medio periodo ed a parità di risorse disponibili. Il Progetto è articolato in 3 fasi che rispecchiano esattamente le tre fasi elencate nella teoria del Lean management: Assessment, che ha permesso la raccolta puntuale ed elaborazione di dati e informazioni per ogni singolo DH; Fase di condivisione di dettaglio delle criticità rilevate e delle possibili soluzioni implementabili, Fase di implementazione delle soluzioni selezionate e misurazione dei ritorni ottenuti. Seguendo quanto suggerito dalla filosofia della Toyota, al fine di avere una visione olistica dell’insieme dei processi che avvengono all’interno del reparto, sono stati ascoltati e interpellati tutti i principali attori del processo produttivo. Con gli stessi sono stati rielaborati e criticati i dati raccolti nella precedente fase al fine di trarre da essi spunto per il continuo miglioramento. Grazie ad un modello si è potuto simulare il cambiamentoall’interno dei flussi e dei processi al fine di verificarne la fattibilità e l’effettivo impatto sul paziente e sugli altri operatori convolti. Dopo un’accurata analisi sono state selezionate le opzioni che meglio si confacevano allo specifico scenario e che incrementavano l’efficienza sia nel breve che nel lungo periodo. Anche nello svolgersi di queste operazioni vediamo chiaramente richiamati i passi suggeriti dalla teoria di continuo confronto ed ascolto da parte dell’intero team al fine di diminuire gli sprechi e migliorare il servizio del cliente. Il tutto ha portato dunque a catalizzare tutti gli attori fondamentali su un piano d’azione condiviso. In particolare per quanto riguarda i DH analizzati, come riportato nello studio Going Lean,” si sono sviluppate analisi di dettaglio per tipologia di pazienti trattati in funzione di: terapia, metodica di somministrazione (endovena, sottocute, IM, OS), durata dei trattamenti, risorse utilizzate (FTE ecc.). I principali KPIs tracciati nel modello per la valutazione delle situazioni di partenza e per la simulazione degli interventi sono stati concentrati su: tempi di esecuzione delle singole attività; tempi di attesa tra fasi ed attività; risorse utilizzate e saturazione; quality of life del paziente. La simulazione degli interventi di riorganizzazione è stata condotta intervenendo su una molteplicità di possibili leve, quali ad esempio: timing di accesso dei pazienti alla struttura organizzazione del percorso paziente su una o più giornate; organizzazione dei percorsi per tipologia di paziente e relativa terapia; utilizzo di risorse dedicate (es. ambulatorio infermieristico); sfruttamento sulle medesime terapie di opportunità di somministrazioni più efficienti (es. sottocutanee rispetto ad intravenose); modelli alternativi di raccordo DH-farmacia (es. modalità e percentuali di prestazioni anticipabili) Le simulazioni condotte sul singolo DH hanno permesso di evidenziare i recuperi di efficienza ottenibili implementando un mix di leve, con il relativo impatto sui KPIs identificati. “ Per concludere al fine di assicurarsi che l’obbiettivo principale di tutti i cambiamenti e tutte le valutazioni venisse raggiunto, è stato sottoposto un questionario ai pazienti. Tutto ciò è stato sviluppato con finalità di incrementare il livello di qualità del servizio offerto al paziente, mantenendo immutate le risorse disponibili. Per questo è stato fondamentale capire quali fossero le leve più importanti anche dal punto di vista del paziente. Perciò nel questionario è stato chiesto di valutare dei parametri quali ad esempio le preferenze sulle modalità di accesso, lo stress generato dalla giornata passata in terapia ed ancora il tempo trascorso in ospedale. Una volta messe a fattor comune tutte le informazioni e tutti gli sforzi, i risultati sono stati tangibili per tutti gli stakeholders. Per meglio comprenderne l’entità vediamo riportati nella tabella 1 alcuni esempi. E’ importante focalizzarsi sugli aspetti che incidono sulla vita del paziente, vediamo infatti che il tempo da loro risparmiato sarebbe il 28% rispetto alla media attuale. Importante è anche analizzare le dimensioni relative alla qualità della vita che vengono espresse sia come opinione del paziente che come incremento della Quality of Life. In quest’ultimo caso notiamo un incremento del 20%. Ciò che emerge in questo studio è di forte impatto, al punto che è stato anche citato in un’interrogazione parlamentare presentata dal Sen. Luigi D’Ambrosio Lettieri, insieme ad altri 9 colleghi. Nel documento vengono infatti riportati gli esiti dello studio “Going Lean”, considerato come “best practice”, come evidenza a supporto della richiesta di “verificare i risparmi potenziali che si otterrebbero attraverso l’ottimizzazione dei percorsi e dei processi, sia in termini assistenziali che di riduzione degli sprechi, nonché attraverso una migliore allocazione delle risorse pubbliche”. Concludendo, tali risultati fanno emergere sia il punto di vista dei pazienti, che rilevano in prima persona delle criticità legate al percorso di cura, che una valorizzazione economica di quanto analizzato durante tutto lo studio. “I risparmi ottenibili potenziali” -si legge infatti nella suddetta interrogazione- “da ciascun day hospital su base annua, a seguito della valorizzazione dell’efficienza del personale, infermieristico e di farmacia, e dei costi sociali relativi a pazienti e familiari sarebbero stimati in 477.000 euro, che se estesi a livello nazionale sarebbero pari a 135 milioni di euro annui, secondo l’espansione del campione su 188 day hospital di ematologia, 331 di oncologia, sulla base dei dati AIL e AIOM del 2016; da quanto emerso, si evincerebbe che il connubio tra il processo diagnostico-terapeutico e l’utilizzo di terapie brevi della durata inferiore ad un’ora comporterebbe per il paziente un cambiamento notevole della qualità della vita e allo stesso tempo un impatto non indifferente sull’efficientamento delle strutture sanitarie, così come un decremento dei costi sociali imputati allo Stato”. Ciò che emerge dunque da questi dati è che uno strumento che potrebbe significativamente migliorare la qualità del servizio che il Sistema Sanitario italiano si prefigge di offrire è sicuramente l’incremento dell’utilizzo delle terapie brevi (quali ad esempio le terapie sottocute) laddove vengano però accompagnate dall’impegno nel migliorare tutti gli aspetti organizzativi che fanno parte del percorso terapeutico. Alla luce di quanto esposto è evidente come il Lean Management, se applicato in maniera rigorosa e se condiviso da tutti i membri dell’organizzazione, sia un effettivo strumento per migliorare l’allocazione delle risorse pubbliche, l’ottimizzazione dei percorsi di cura, il miglioramento della qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari, massimizzando infine l’esito della cura.