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Servizi socio-sanitari al cittadino e partecipazione giovanile

Le Botteghe della Salute in Toscana

Nel 2015 in Toscana è stata avviata la sperimentazione di una rete di servizi pubblici di prossimità ad ampio spettro, incentrati sul front-office amministrativo in ambito sanitario e sociale, la facilitazione verso i servizi telematici e i servizi alla persona. Un sistema gratuito di punti di accesso assistito rivolti a tutti i cittadini con un’attenzione particolare ai soggetti più fragili e vulnerabili, e pensato per le popolazioni delle zone montane, rurali, insulari e in generale distanti dai centri urbani dove è più rarefatta la rete dei servizi e dei presidi pubblici, e dove coesistono difficoltà di spostamento, bassa densità demografica e alti tassi di popolazione anziana.
Il progetto, chiamato prima “Ecco Fatto” e nell’ultimo biennio “Botteghe della Salute” a significare l’accentuazione sui servizi di tipo sanitario – dalla attivazione della TSE alla stampa e consegna dei referti, dalla gestione del Fascicolo Sanitario Elettronico alla consegna di farmaci a domicilio, a fianco di un’ampia gamma di servizi di sportello sociale – nasce e cresce con il sostegno della Regione Toscana, facendo perno sul sistema degli Enti Locali: i punti di accesso assistito infatti sono ubicati per la maggior parte all’interno dei Municipi dei comuni – piccoli e piccolissimi, molti al di sotto dei 3 mila abitanti – cui si aggiunge una più ridotta quota di sedi presso associazioni di volontariato.

Ma la vera scommessa sulla quale il progetto punta è il fattore risorsa umana. Fin dal suo avvio, la rete ha previsto per gli operatori degli sportelli l’impiego dei volontari del servizio civile regionale. Una scommessa per certi aspetti azzardata: in zone spopolate e poco attraenti per i giovani, o ritenute tali, che accoglienza avrebbe potuto avere l’offerta di servizio civile per un anno?
La risposta viene dai dati. Negli scorsi quattro anni, per il funzionamento dei punti Botteghe della Salute sono stati coinvolti più di 500 giovani volontari del servizio civile regionale (130 all’anno, distribuiti su 65 sedi), che attraverso un’adeguata formazione parte integrante del progetto, hanno garantito l’apertura per cinque giorni alla settimana e per sei ore al giorno degli sportelli.
Un trend che quest’anno si è decisamente rafforzato: al bando di servizio civile regionale 2019 finanziato con fondi comunitari Por-Fse, che offriva 220 posti in virtù dell’allargamento della rete a oltre 100 sedi, hanno risposto presentando domanda 917 giovani dai 18 ai 29 anni. Di questi, quasi 600 si sono presentati ai colloqui di selezione, con una netta prevalenza di età tra i 20 e i 25.
Le chiavi di lettura di questo risultato sono più d’una. La prima è senza dubbio la valenza di opportunità di impiego retribuito che il servizio civile ha assunto negli ultimi anni, dove la durata circoscritta a un anno è percepita come un tempo lungo a fronte di occasioni molto più brevi. Anche la possibilità che il servizio civile offre di fare un’esperienza formativa e propedeutica all’ingresso nel mondo del lavoro vero e proprio, è una motivazione ricorrente.
Ma oltre e, si potrebbe dire, in parallelo a queste, sono emerse dalle tante voci e storie che abbiamo ascoltato motivazioni e ragioni diverse. In primo luogo, l’interesse per un progetto che guarda alle aree marginali, e che tenta di offrire una risposta ai problemi quotidiani delle famiglie e degli anziani. La gran parte dei candidati mostrava di avere assai chiaro il concetto di servizi di prossimità.
Con pari ricorrenza e intensità, è emerso dai giovani e dalle giovani un irriducibile attaccamento al proprio territorio, quasi direttamente proporzionale al livello di marginalità.
Un attaccamento che sfocia nel desiderio di “fare qualcosa”, a cui questo progetto di servizio civile sembra poter dare forma e sostanza. Fare qualcosa per i cittadini del proprio comune, perché si conoscono bene e sono noti i problemi che hanno, e contribuire anche attraverso un semplice sportello, a fare in modo che le persone rimangano.

La rete delle Botteghe della Salute conta oggi 106 sportelli territoriali distribuiti in tutte le province toscane, articolati fra 86 sedi comunali, 15 sedi di associazioni, 3 Società della Salute e 2 Distretti Sanitari. I 220 giovani selezionati vi prenderanno servizio nel mese di aprile e presidieranno gli sportelli per dodici mesi. Il monitoraggio del progetto negli anni ha evidenziato come le caratteristiche del volontario civilista, ovvero la motivazione, la disponibilità all’ascolto e all’accoglienza, siano elementi fortemente qualificanti del servizio di prossimità, rivolto anche ad utenti fragili.
Il piano di ampliamento ulteriore della rete punta al coinvolgimento per il prossimo anno di nuove Società della Salute. E già da quest’anno sul progetto si innesteranno azioni di sensibilizzazione di comunità sul tema dell’Alzheimer, grazie alla presenza dell’associazione AIMA tra le sedi operative della rete, e sul tema del gioco d’azzardo patologico, sul quale Anci Toscana ha già avviato strategie di sistema a livello istituzionale e normativo.
Un progetto nato per offrire una rete capillare di servizi ai territori, si sta affermando come pratica di innovazione sociale. Non solo per i contenuti delle azioni (ricordiamo la rilevanza dei servizi digitali) e degli interventi a favore della salute delle persone e delle famiglie come quelli sulle tematiche sopra citate. Il fattore giovani costituisce in questo disegno il valore aggiunto della collettività che si mobilita, crea nuovi ruoli e relazioni, coinvolge risorse sottraendole al rischio di restare sottoutilizzate, e investe su un capitale umano che ha una aspettativa-aspirazione trainante: quella di sentirsi utile e “produrre senso”, riconoscendosi e avendo un ruolo da protagonista nella propria comunità.

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Written by

Responsabile Servizio Civile Anci Toscana