Occorre una maggiore attenzione ed una analisi sicuramente più approfondita da parte
dei Comitati Tecnici previsti dalla normativa vigente per la valutazione delle residue
capacità lavorative dei diversamente abili che vengono inviati a lavoro, soprattutto per
la compatibilità delle postazioni di lavoro e per i percorsi di accesso a tali postazioni cui
sono destinati i fruitori del cosiddetto “collocamento mirato”.
A margine del DPR 12 ottobre 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre
dello scorso anno ed avente come oggetto: Adozione del secondo programma di azione
biennale per la promozione e l’integrazione delle persone con disabilità, emerge, tra gli
interventi di natura tecnica ed organizzativa per il miglioramento dell’attività di collocamento
mirato, la richiesta, da parte degli utenti, manifestata durante la consultazione in
rete delle Specifiche tecniche, di porre attenzione anche agli aspetti che esulano dal campo
digitale riguardanti oltre l’accessibilità fisica per il raggiungimento della postazione
lavorativa, una analisi approfondita della ergonomia della stessa postazione.
Si tratta di due criticità da non sottovalutare, la cui validità assume una particolare
importanza proprio perché riportate in un testo legislativo. Il lavoro, i percorsi esterni ed
interni sul posto di lavoro, i posti di lavoro, le attrezzature e i mezzi ausiliari devono essere
conformi a criteri ergonomici, allo scopo di tutelare la salute fisica dei lavoratori anche
nel caso in cui questi debbano svolgere le loro mansioni per un arco di tempo prolungato,
in presenza di disabilità fisiche e psichiche. La funzione del Comitati Tecnici è proprio
questa: studiare per ogni diversamente abile “un percorso giusto per un posto aggiustato”.
Tali organismi, istituiti dall’art. 8 della legge 68 del 1999 sul collocamento mirato,
e confermato dal D.Lgs. 151 del 2015 all’art. 7, operano, oggi, all’interno delle Aree delle
Agenzie Regionali della Direzione Centrale del Lavoro del Ministero del Lavoro e sono
composti da: un funzionario della stessa agenzia, un medico legale dell’INPS, un medico
dell’INAIL, un medico del Dipartimento della Salute Mentale ASL, un esperto del Servizio
Integrazione Lavorativa, uno Psicologo ASL ed un Medico del Lavoro del Dipartimento
di Prevenzione ASL. Per superare le criticità segnalate dagli stessi utenti basterebbe applicare
in modo preciso e rigoroso la normativa vigente in materia Igiene e Sicurezza sul
lavoro (D.Lgs 81/08). La configurazione dei posti di lavoro, le attrezzature e gli utensili
devono essere adeguati alle dimensioni corporee dei lavoratori.
Bisogna tenere in considerazione anche i movimenti del corpo e la presenza di dispositivi
di comando. Le mansioni che richiedono uno sforzo fisico elevato o l’esecuzione di
movimenti ripetitivi e l’assunzione di posture innaturali per molte ore, vanno ridotte allo
stretto indispensabile. Le attrezzature e i dispositivi devono essere maneggevoli e poter
essere utilizzati agevolmente. Lo spazio a disposizione deve permettere sufficiente libertà
di movimento durante il lavoro.
Anche se le mansioni da svolgere non comprendono il sollevamento o il trasport
di carichi pesanti, – come capita per i diversamente abili- l’ attività può causare un forte
affaticamento fisico, essendo correlata a movimenti ripetitivi di mani e braccia, e all’immobilità
di testa e corpo. Alla carenza di movimento fisico possono subentrare disturbi
cardiocircolatori o di diverso tipo. Stando in piedi per più di cinque ore al giorno, anche
se sorretti a tutori o presidi di aiuto, la muscolatura e i tessuti di schiena, gambe e piedi
possono essere sollecitati in misura tale da causare disturbi della salute. Perciò, secondo la
legge sul lavoro si dovrebbe evitare di stare a lungo seduti o in piedi. In un recente documento
di circa cinquanta pagine, redatto dall’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) in collaborazione
con aziende, organizzazioni, associazioni ed esperti di accessibilità e usabilità,
sono indicate una serie di modalità formali ed elencati, altresì, i diversi possibili strumenti
adatti alle diverse disabilità, anche in combinazione di pluriminorazioni. Era infatti necessario
un punto di partenza ufficiale da cui il datore di lavoro prendesse i riferimenti sia
normativi che tecnici, per attrezzare opportunamente la postazione del dipendente con
disabilità, il quale resta comunque al centro di ogni decisione sugli strumenti più adatti
alle proprie personali esigenze, considerando le capacità fisiche e le mansioni lavorative.
In esso sono sottolineati contributi e integrazioni, anche di carattere pratico, sulla
necessità dell’abbattimento di barriere architettoniche e sensoriali per il raggiungimento
in autonomia della postazione di lavoro, nonché della possibilità di inserire un elenco di
centri specializzati sulle tecnologie assistive – opportunamente accreditati e distribuiti
nelle varie Regioni italiane – al fine di affiancare le aziende e di permettere prove pratiche
per l’implementazione di una postazione di lavoro adatta ad ogni tipologia e complessità
di disabilità, evitando sprechi e perdite di tempo.
A pagina 10 delle Specifiche riportate nel documento si scrive per altro che «le problematiche
trattate riguardano quindi, per la precipua competenza dell’AgID, il solo ambito
dell’accessibilità digitale, anche se esse non possono essere disgiunte da altri aspetti
collegati come, ad esempio, l’ergonomia della postazione, l’accessibilità architettonica per
il raggiungimento della postazione, i processi socio-organizzativi di valutazione “interna
o esterna” della idoneità delle soluzioni adottate, gli strumenti software legati a domini
applicativi specifici, il nomenclatore tariffario dei prodotti assistivi».
Il Decreto Legislativo 151/2015 ha attribuito al comitato tecnico, già previsto dalla
vecchia normativa, compiti più specifici e la piena responsabilità dell’inserimento
mirato. In particolare, l’articolo 7 del Decreto Legislativo n. 151/2015 emanato in
attuazione della Legge n. 183/2014 ( Jobs Act) modifica l’art. 8 della legge n. 68/99
relativo agli elenchi e graduatorie. Con la modifica del comma 1, stabilisce che, la tenuta
dell’elenco delle persone con disabilità, che risultano disoccupate e aspirano ad una
occupazione conforme alle proprie capacità lavorative, è di competenza dei servizi per
il collocamento mirato nel cui ambito territoriale si trova la residenza della persona
con disabilità che può iscriversi nell’elenco di altro servizio in altra parte d’Italia, previa
cancellazione dall’elenco in cui era precedentemente iscritta.