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HomeN2/018Il Progetto “Diagnosi in Banchina e l’Anello Sanitario. Premesse metodologiche e prime conclusioni

Il Progetto “Diagnosi in Banchina e l’Anello Sanitario. Premesse metodologiche e prime conclusioni

Premessa

Nelle nazioni “high-income” afferenti all’OECD l’incidenza della tubercolosi è caduta di una mediana del 4,7% per anno tra il 1995 e il 2004.
Dopo il 2004 tale decremento si è ridotto sino ad un 3% per anno al 2014. Le modifiche temporali della incidenza di tubercolosi attiva in questi paesi appare connessa ad una importante disparità: mentre i casi autoctoni continuano progressivamente a declinare, i casi “foreign born” restano stabili o addirittura incrementano nel tempo. Ciò ha riguardato, in particolar modo, finora, gli stranieri giunti di recente, ovvero i migranti provenienti da Asia o Africa, i migranti con comorbidità (HIV) e i profughi.
Questi eventi hanno accentuato la necessità di una sorveglianza proattiva per tubercolosi sulla popolazione migrante, che è stato realizzato, di nazione in nazione, con modalità differenti. In alcuni paesi si è proceduto ad effettuare uno screening sui migranti per infezione tubercolare latente, in altre aree geografiche si concentra, invece, la sorveglianza sulla tubercolosi attiva.

I dati della letteratura documentano come la prevalenza generale di infezione tubercolare latente nella popolazione migrante proveniente da Asia e Africa risulti comprensibilmente piuttosto elevata, con un range amplissimo in ragione dei tools diagnostici utilizzati (5-72%). Al contrario, la maggior parte degli studi di sorveglianza descrivono una percentuale di migranti con tubercolosi attiva all’arrivo non superiore allo 0,35%.

Tecnicamente, alcune nazioni esercitano la sorveglianza per tubercolosi nelle fasi precedenti la migrazione (pre-arrival screening) mentre altre la effettuano all’arrivo nello stato ospitante (post-arrival). Non è noto il “burden” della infezione tubercolare, nelle diverse forme latente ed attiva, nella popolazione degli stranieri migranti sbarcati in Italia.

Il progetto “Diagnosi in Banchina” attivato nel 2014 dalla ARNAS Garibaldi di Catania, viene espletato “post-arrival” al porto di sbarco di Catania con le seguenti modalità: I migranti che presentano febbre e tosse vengono sottoposti ad accertamento rapido della TBC e/o altre eventuali patologie di interesse. Il personale USMAF-CRI raccoglie l’escreato del migrante sospetto in un contenitore sterile. Il prodotto biologico viene
trasportato alla l’Azienda Ospedaliera Garibaldi di Catania per essere analizzato con la metodica Genexpert di biologia molecolare con esito in due ore e 15 minuti. Attraverso il Progetto Diagnosi in banchina, il migrante con sospetto clinico può essere trasportato presso il Pronto Soccorso Infettivologico dall’Azienda Ospedaliera e sottoposto a visita infettivologica, esame radiografico ed approfondimenti analitici. I trasporti dei pazienti e degli escreati raccolti in banchina sono assicurati da ambulanze CRI.

Lo schema dettagliato è come segue:

Sbarcati con temperatura corporea > 37 °C e con:
a. Tosse con escreato: prelievo in banchina dell’escreato e successivo trasporto dello stesso presso l’Ospedale ARNAS Garibaldi – PO Garibaldi Centro, per esecuzione GenExpert (sistema di analisi molecolare integrato che automatizza i tre processi necessari per eseguire una Real Time PCR).

b. Tosse senza escreato: trasporto in isolamento del migrante presso l’Ospedale ARNAS Garibaldi – PO Garibaldi Centro, per esecuzione esame clinico e radiologico (Rx torace 2 proiezioni con eventuale integrazione TAC). I test biomolecolari Genexpert sull’escreato raccolto allo sbarco vengono eseguiti, laddove necessario, presso la Uoc di Patologia clinica del PO Garibaldi centro dell’ARNAS “Garibaldi” entro i locali della Sezione di Micobatteriologia e Biologia molecolare. Viene utilizzato in dettaglio il test Xpert MTB/RIF su strumentazione Genexpert (Cepheid). Il saggio Xpert MTB/RIF Assay è un saggio diagnostico in vitro nested-PCR in tempo reale, semiquantitativo, per il rilevamento di DNA del complesso del Mycobacterium tuberculosis in campioni di espettorato fresco. Il target del test è una regione di 81bp del gene rpoB presente nel genoma batterico. Tale regione è coperta da 5 sonde molecular beacon. Durante la reazione di RT-PCR l’amplificazione contemporanea dei 5 target indica la presenza del complesso del M. tubercolosis qualora si verifica l’amplificazione contemporanea di 2, 3, 4 sonde si è in presenza di un M. tubercolosis resistente alla rifampicina. Il tempo di preparazione da Campione Fresco è di circa 20 minuti; Il tempo di processamento del campione all’interno dello strumento Genexpert è di 110 minuti (durata complessiva 130 minuti circa). Il saggio Xpert MTB/RIF Assay ha dimostrato una sensibilità su campioni a coltura positiva pari al 97,3%. Nei pazienti striscio positivo e coltura positiva la sensibilità del saggio Xpert MTB/RIF Assay è del 99,5%; nei pazienti striscio negativi e coltura positivi la sensibilità è del 90,0%. La specificità del saggio Xpert MTB/RIF Assay è del 97,9%. Nei casi di migranti sbarcati il cui escreato risulta positivo all’esame Gen Xpert MTB/RIF Assay, si procede immediatamente alla integrazione con Esame Colturale (isolamento ed identificazione) su terreni solidi (Lowestein- Jensen e IUTM: tempo di positivizzazzione 30-40 giorni) e su terreno liquido Middlebrook 7H 9 (MGIT 960: tempo di positivizzazione 14-20 giorni). In caso di positività colturale si procede alla esecuzione di test di sensibilità ai farmaci antitubercolari di prima linea con metodo classico in fluorescenza.

Risultati

Lo screening è stato effettuato di routine negli anni 2016 e 2017.
Nel 2016 sono sbarcati al Porto di Catania complessivamente 17.989 migranti. Allo screening clinico 510 (2%) sono risultati febbrili > 37°C; 191 (37%) presentavano tosse e febbre contemporaneamente e sono stati pertanto avviati allo screening per tubercolosi. La provenienza era come segue: 48 Nigeria, 32 Etiopia, 30 Somalia, 27 Mali, 18 Tunisia, 13 Libia, 11 Senegal, 8 Gambia, 5 Liberia. Trentotto (20%) dei 191 sbarcati sottoposti a screening erano minori; 110 individui avevano tosse secca e sono stati, pertanto, avviati alla esecuzione di una radiografia del torace mentre 81 presentavano tosse produttiva e sono stati sottoposti, invece, ad esame dell’escreato con Genexpert. Complessivamente 19 migranti allo sbarco hanno documentato tubercolosi polmonare attiva (0.10% sul totale dei migranti sbarcati): 11 con Genexpert positivo all’esame dell’escreato e 8 con Radiografia del torace positiva per lesioni tubercolari (2 miliari e 6 forme cavitarie). 4 dei 19 pazienti con tubercolosi polmonare attiva erano minori.

Nel 2017 sono sbarcati al Porto di Catania complessivamente 15.600 migranti. Allo screening clinico 358 (2%) sono risultati febbrili > 37°C; 91 (35%) presentavano tosse e febbre contemporaneamente e sono stati pertanto avviati allo screening per tubercolosi. La provenienza era come segue: 36 Etiopia, 25 Nigeria, 20 Somalia, 7 Mali, 3 Senegal. Nove (10%) dei 91 sbarcati sottoposti a screening erano minori; 60 individui avevano tosse secca e sono stati sottoposti a radiografia del torace mentre 31 presentavano tosse produttiva e hanno ricevuto l’indagine molecolare Genexpert sull’escreato. Complessivamente 16 migranti hanno documentato tubercolosi polmonare attiva (0.13% sul totale dei migranti sbarcati): 8 con positività di Genexpert su escreato e 8 con Radiografia del torace positiva per lesioni tubercolari (7 forme cavitarie ed 1 forma infiltrativa dell’apice).

Due dei 16 pazienti con tubercolosi polmonare attiva erano minori.

Discussione

La massiccia ondata di sbarchi migratori sulle coste italiane e in particolare, in Sicilia stia proponendo, con riferimento alla infezione tubercolare, una serie di condizioni uniche, eccezionali e non confrontabili con altre situazioni migratorie mondiali:

Per le caratteristiche degli sbarchi non è possibile effettuare uno screening alla
partenza pertanto, la sorveglianza, può essere esercitata esclusivamente all’arrivo.
I migranti provengono da aree ad endemia variabile per tubercolosi e tuttavia una selezione allo sbarco sulla base dell’area di provenienza (cosi come effettuato in altre realtà) non risulta utile né significativa, in ragione delle caratteristiche della migrazione, che avviene attraverso uno spostamento prolungato e duraturo (anche anni), durante il quale soggetti provenienti da aree iperendemiche e non, convivono in promiscuità (non di rado in stato di detenzione) mescolandosi l’un l’altro con un rischio elevato di trasmissione della infezione tubercolare.
I migranti sbarcati non sono studenti o lavoratori giunti per trattenersi stabilmente nel nostro paese. Si tratta sovente di persone in transito che eserciteranno ogni sforzo per sportarsi verso altre nazioni. Molti di loro potrebbero risultare difficilmente “tracciabili” nei loro percorsi successivi. Per questa ragione, uno screening fondato sullo studio della infezione tubercolare latente potrebbe risultare poco utile e poco
produttivo.
Le condizioni del viaggio (scomodo, pericoloso, drammatico e preceduto da molti mesi di detenzione), gli stress, le comorbidità (prima fra tutte la infezione da HIV), la malnutrizione inducono un rischio elevato di riattivazione precoce della infezione tubercolare latente. Ciò rende necessaria, come obiettivo clinico primario, la diagnosi precoce di tubercolosi attiva più che la sorveglianza per infezione latente I migranti sbarcati vengono spesso, poco dopo lo sbarco, trattenuti in Centri di Accoglienza ove, per motivi correlati al rischio di trasmissione, potrebbe risultare
assai più minacciosa la tubercolosi attiva bacillifera della infezione latente. Ed è la prima, a nostro modo di vedere, che va prioritariamente identificata e trattata (case finding and treatment).
Le cifre relative al numero degli sbarchi sulle coste siciliane è elevata pertanto, se anche la proporzione di tubercolosi attiva diagnosticate durante lo screening non superasse lo 0,35%, ci troveremmo di fronte a numerose centinaia di casi di tubercolosi attiva. Stante la dispersione dei migranti sbarcati verso altre strutture in Italia, appare improponibile l’idea di effettuare uno screening microbiologico fondato su esami colturali (nonostante sia questo il gold standard diagnostico per tubercolosi).
Come documentato dalla letteratura internazionale, il tempo medio di crescita dei micobatteri tubercolari in coltura liquida è compreso tra 7 giorni (striscio positivo) e 15 giorni (striscio negativo). La diagnosi allo sbarco ha necessità di essere conclusa entro un tempo massimo di 2-3 ore, quante ne occorrono per completare la identificazione e lo spostamento dei migranti. Un tale timing diagnostico è consentito esclusivamente dalla combinazione di Imaging e di test molecolari (GenExpert). Naturalmente le indagini biomolecolari su escreato, in caso di positività vanno obbligatoriamente integrate con gli esami colturali.
Nella nostra esperienza preliminare, circa il 10% dei soggetti sbarcati con febbre e/o tosse presentano tubercolosi attiva, diagnosticata mediante radiologia e/o diagnostica biomolecolare. Ciò indipendentemente dalla provenienza, dalla sieropositività HIV, dalla familiarità e da altri fattori epidemiologici predisponenti. Pertanto riteniamo che la valutazione diagnosticata in banchina vada estesa a qualunque sbarcato sintomatico che presenti tosse o febbre, senza questionari preliminari (che rischierebbero di allungare inutilmente i tempi delle procedure di screening).

L’attuazione di uno screening microbiologico e clinico “post arrival” sui migranti sbarcati, focalizzato sulla diagnosi della tubercolosi attiva, ha documentato un burden di malattia attiva compreso tra 0,10% e 0,13%, in linea con i dati della letteratura mondiale. Tuttavia, tale risultato, se applicato diffusamente su tutti i porti di sbarco dei migranti, consentirebbe di individuare annualmente numerose decine di casi bacilliferi e di avviare al trattamento questi pazienti, riducendo significativamente il rischio di diffusione della malattia tubercolare e migliorando le condizioni cliniche di questi individui.
Nel nostro studio, i minori che hanno ricevuto una diagnosi di tubercolosi polmonare attiva sono stati complessivamente il 10-20% del totale dei casi diagnosticati di malattia tubercolare. Come è noto, secondo i dati del Ministero del Lavoro, il 4,1% di questi ragazzi è dato in affido ed il 92% è assegnato nelle strutture di accoglienza per minori. La diagnosi precoce di malattia tubercolare consente di avviare tempestivamente alla terapia questi giovani pazienti, prevenendo i tassi di contagio aerogeno della infezione tubercolare, che, in pazienti così fragili, rischierebbe di tradursi pressocchè invariabilmente in malattia clinicamente manifesta e, spesso, severa.

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Written by

Prof. Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Catania e Primario della medesima disciplina presso l’ARNAS Garibaldi di Catania